in ,

Krypteiai spartane, por Massimo Nafissi

KRYPTEIAI SPARTANE

MASSIMO NAFISSI, Università degli Studi di Perugia.

Versione rivista e aggiornata di Krypteiai spartane, in: A. Beltrán, I. Sastre, M. Valdés (dir.), Los espacios de la esclavitud y la dependencia en la Antigüedad, Homenaje a Domingo Plácido, Actas del XXXV Coloquio GIREA, Madrid 2015. Presses Universitaires de Franche-Comté 2012, p. 201-229.

Publicado (em italiano) em Estudos sobre Esparta. Fábio Vergara Cerqueira e Maria Aparecida de Oliveira Silva (orgs.). Pelotas: Ed. UFPel, 2019.

Reprodução Dagobah, sem revisão. Processo de tradução em curso.

La Krypteia – la ‘caccia all’ilota’ – sta al cuore dell’aspetto eticamente più controverso del sistema sociale e politico di Sparta, lo sfruttamento e la violenza esercitata dagli Spartani sui loro servi. Il tema dell’ilotismo – con le questioni del pericolo ilota, della paura e della repressione degli iloti – è oggi anche scientificamente controverso.

Per molti studiosi gli iloti rappresentano il fattore decisivo, di genesi antica se non primordiale, che trasformò la società spartana in una comunità chiusa e militaristica. Un esponente di spicco di questa tesi è P. Cartledge (1). Ad altri, invece, gli iloti e la loro condizione paiono una realtà che si è evoluta in interazione con la società spartana. È innegabile che la sicurezza nei confronti degli iloti sia diventata a un certo punto oggetto di grande attenzione: Tucidide, che racconta di un misterioso e terribile massacro di duemila iloti perpetrato dalle autorità spartane, sostiene che la sorveglianza era un fattore costante della politica spartana nei loro confronti (IV 80,3-4) (2), e l’alleanza spartano-ateniese del 421 prevede che Atene rechi aiuto a Sparta in caso di rivolta ilotica (THUC. V 23,3). Proprio in relazione alla krypteia Plutarco fornisce una delle maggiori testimonianze sulla violenza morale che gli Spartani erano in grado di esercitare nei confronti degli iloti (Lyc. 28,8-11). Sembra comunque ragionevole ammettere che la rivolta del terremoto (ca. 464 a.C.) abbia avuto una marcata influenza nella percezione del pericolo ilota (3), e questo è tanto più verosimile se, come pare probabile, l’identità etnica messenica, giustamente considerata uno dei motori della rivolta ilotica, si sviluppò allora: per affermare i loro diritti, i ribelli si proclamarono discendenti degli antichi abitanti della Messenia (FIGUEIRA, 1999; LURAGUI, 2008, p. 68-208). Resta tuttavia il fatto che mancano fonti chiare per ricostruire le relazioni fra Spartani e iloti prima della pentecon- tetia: le opinioni moderne si fondano più su principi di metodo e su idee generali della storia di Sparta e dell’ilotismo che su una base empirica.

In questo saggio presenterò dapprima le fonti e la netta divergenza della tradizione in due rami: solo il più recente tra essi, che fa capo alla Costituzione degli Spartani di scuola aristotelica, conosce la ‘caccia all’ilota’. Il secondo paragrafo analizza in dettaglio le notizie risalenti alla Costituzione. Il terzo paragrafo ripercorre la storia degli studi e le moderne incertezze sulla natura della krypteia (“azione terroristica”, “polizia politica”, “caccia all’uomo”, “rituale di iniziazione”, forma arcaica dell’efebia,“allenamento alla sopravvivenza”, “preparazione militare”, “gioco a nascondino”. “corpo di sorveglianza della frontiera”) (4). Infine proporrò una mia ipotesi circa l’origine della krypteia come ‘caccia all’ilota’.

Le testimonianze antiche e le due krypteiai

Il primo a menzionare la krypteia è Platone (5) nelle Leggi. L’opera, attribuita agli ultimi anni di vita del filosofo, fu probabilmente revisionata e pubblicata dopo la sua morte da Filippo di Opunte, ma comprende anche materiale accumulato da Platone e forse nella sua scuola sin dagli anni ‘60 (6). Nel primo libro (633 b-c) i personaggi del dialogo considerano fra l’altro le istituzioni cretesi e spartane che formano il coraggio guerriero del cittadino: i pasti in comune, la ginnastica, la caccia e i cosiddetti “esercizi di sopportazione delle sofferenze” (τὸ περὶ τὰς καρτερήσεις τῶν ἀλγηδόνων). Questi esercizi comprendono, oltre alla krypteia, gli scontri a mani nude che si svolgono nel corso della paideia, il rito del furto dei formaggi all’altare di Artemis Orthia, difeso a colpi di frusta, e le Gimnopedie, che si svolgono nel clima torrido dell’estate. A proposito della krypteia Platone scrive: “E vi è ancora una pratica che si chiama krypteia, un esercizio estremamente impegnativo di resistenza al dolore e alla fatica, l’andare scalzi e dormire senza coperte d’inverno e il provvedere da sé senza l’aiuto di servi ai propri bisogni, vagando notte e giorno per tutta la regione”.

Gli scholia vetera a questo passo descrivono la krypteia in termini nel complesso analoghi: “«una pratica detta krypteia». Si mandava via dalla città un giovane, che non doveva farsi vedere per un tempo determinato” (o “per un lungo tempo”: DUCAT, 2006, p. 289). “Era dunque costretto a vivere percorrendo le montagne e senza dormire mai del tutto tranquillamente per il timore di farsi prendere, senza disporre di servitori e senza portar con sé provviste. Anche questa era una forma di allenamento alla guerra: li mandavano infatti via (ἀπολύοντες) nudi (γυμνόν) (7), ciascuno con l’ordine di vagabondare per un anno intero fuori città sulle montagne e di nutrirsi con il furto e con azioni simili, e questo senza farsi vedere da nessuno; proprio per questo la pratica viene chiamata krypteia; infatti, quelli che si lasciavano vedere, dove che fosse, venivano puniti”. Lo scolio chiarisce accuratamente il passo platonico. Spiega il nome dato all’istituto e descrive l’uso, rimanendo sulla stessa linea del filosofo nella sostanza delle informazioni e nell’interpretazione: la krypteia è un allenamento militare (DUCAT, 2006, p. 289-292). Aggiunge inoltre dettagli notevoli: le montagne, la durata di un anno (nel quale ricade l’inverno), la vigilanza nel riposo (al posto della mancanza di giaciglio).

A una descrizione simile della krypteia pare ispirato il quadro dell’educazione spartana noto a Pompeo Trogo – Giustino, ed esposto in due passi, il più utile dei quali è XXIII 1, 7-98: “7. Infatti i Lucani erano soliti educare i loro figli con le stesse consuetudini degli Spartani (8). Fin dall’inizio della pubertà, i ragazzi erano tenuti nelle foreste fra i pastori, senza cura alcuna da parte di servi, senza vesti da indossare o su cui porsi a giacere, affinché fin dai primi anni si abituassero all’asprezza e alla parsimonia senza aver nessuna pratica della città (9). Il loro cibo era la preda catturata a caccia, la loro bevanda era il latte o l’acqua delle sorgenti. Così diventavano resistenti alle fatiche della guerra”. Le notizie trogiane fanno riferimento all’educazione dei giovani di età minore, e non possono essere usate per ricostruire la krypteia9, che invece interessava presumibilmente i giovani da 20 a 30 anni (10). Al più se ne può tener conto per ricostruire la tradizione sulla krypteia, alla quale comunque si ispirano. È evidente che una descrizione della krypteia lungo le linee suggerite da Platone (11) circolava ampiamente ed era depositata in opere abbastanza autorevoli da trasmettersi in scrittori d’età ellenistica e romana (Trogo), e fino in testi della tarda antichità (lo scolio a Platone) (12).

La testimonianza più nota sulla krypteia si legge nella Vita di Licurgo di Plutarco (28, 1-7; ARIST. fr. 538 ROSE = 543 GIGOn). Plutarco ricorda che Aristotele aveva saputo che la krypteia era stata istituita da Licurgo, e spiega: “28, 3.Si svolgeva così. Le autorità di quando in quando (διὰ χρόνου) mandavano nel territorio, senza direzione particolare (13), quelli fra i giovani uomini (DUCAT, 2006, p. 285) che sembravano più assennati, armati di pugnali e forniti dei viveri indispensabili e di nient’altro. 4. Di giorno si disperdevano in luoghi inesplorati, vi si nascondevano e riposavano; di notte scendevano nelle strade e, se sorprendevano qualche ilota, lo sgozzavano. 5. Spesso si addentravano anche nei campie uccidevano i più robusti e i migliori tra gli iloti. 6. Anche Tucidide [IV 80,3-4] nella sua Guerra del Peloponneso racconta che gli iloti scelti dagli Spartiati per il loro valore si cinsero il capo di una corona, come se fossero divenuti liberi, e fecero il giro dei templi degli dei, ma poco dopo scomparvero tutti quanti (ed erano più di duemila) e nessuno né sul momento né in seguito seppe dire in quale maniera precisamente erano stati uccisi. 7. Aristotele sostiene che addirittura gli efori, appena si insediano nella loro carica, dichiarano guerra agli iloti, affinché non sia sacrilego ucciderli.” Plutarco ricorda poi le pratiche del disprezzo messe in atto dagli Spartani e ai §§ 12-13 esprime la convinzione che la krypteia – che contrasta con il carattere “mite e incline alla pace” che il biografo riconosce a Licurgo – non sia stata creata da lui (14), ma sia stata introdotta dagli Spartani dopo la rivolta del terremoto del 464 a.C.

Un excerptum di Eraclide Lembo dalla Lakedaimonion Politeia di ‘Aristotele’ tratta pure della krypteia (fr. 10 DILTS = 611,10 ROSE = 143, 1,2,10 GIGON): “Si dice anche che (Licurgo) abbia introdotto la krypteia, conformemente alla quale ancora oggi (ovviamente l’oggi è di Aristotele), facendo una spedizione in armi, si nascondono (15) di giorno e di notte… e uccidono quanti iloti è necessario”. Questo excerptum mostra che il grosso delle notizie sulla krypteia in Plutarco proviene dalla Lakedaimonion politieia di ‘Aristotele’ (per semplicità chiamerò sempre così l’autore della Politeia, che potrebbe essere anche stato un allievo del filosofo), scritta presumibilmente nella tarda età di Alessandro (16).

Un primo fatto è del tutto evidente. All’uccisione degli iloti non fanno cenno né Platone né lo scolio alle Leggi, ma solo le testimonianze che risalgono ad ‘Aristotele’. Le differenze sono però più generali. Per Platone e per lo scoliasta i giovani (secondo lo scolio privi di provviste) affronta una lunga prova di sopravvivenza, adattamento e resistenza, resa più difficile dall’obbligo di non farsi scoprire. In ‘Aristotele’ un gruppo armato e con pochi viveri sembra invece compiere una missione di breve durata: lo fa pensare proprio la provvista di viveri. Altre differenze sono possibili: Platone e lo scolio, nonostante la diversa indicazione (Platone pone l’accento sull’inverno – lo scolio parla d’un anno intero), fanno pensare a un’attività regolarmente ripetuta, Plutarco invece con διὰ χρόνου suggerisce intervalli irregolari (17). Plutarco è esplicito circa il carattere selettivo della prova, Platone e lo scolio potrebbero anche far pensare a un impegno cui erano sottoposti tutti i giovani spartani. In ogni caso la differenza è di tono generale e non si riduce all’omissione del ‘dettaglio’ dell’uccisione degli iloti (18).

Fino a un decisivo contributo di E. Lévy del 1988, le differenze fra una versione ‘platonica’ e una ‘aristotelica’ della krypteia hanno rappresentato certo un problema ai fini della ricostruzione univoca della krypteia, ma non sono state trattate come una questione che di per sé richiedesse una spiegazione (19).

Aristotele, Plutarco e Tucídide, donde il supposto carattere poliziesco della krypteia

Ducat ha notato che Plutarco propone due concezioni della krypteia. Ora essa pare un’attività casuale (“senza direzione particolare” [28,3: ἄλλως ἐξέπεμπον]; “di notte scendevano sulle strade e, se sorprendevano qualche ilota, lo sgozzavano” [28,4]), ora invece sembra un atto pianificato e poliziesco, che prende di mira persone specifiche (“uccidevano i più robusti e forti tra gli iloti” [28,5: τοὺς ῥωμαλεωτάτους καὶ κρατίστους αὐτῶν ἀνῄρουν]). Secondo Ducat, questa concezione “poliziesca” sarebbe “d’ispirazione secondaria e razionalizzante”. Ducat esclude che essa possa risalire ad ‘Aristotele’ (20).

Io credo invece che l’idea di una krypteia poliziesca nasca da un’ipotesi già di ‘Aristotele’. Come si è visto, Plutarco (Lyc. 28,5) cita Tucidide e dà a intendere che il massacro dei duemila iloti ricordato dallo storico in IV 80,3-4 abbia a che fare con la krypteia. Non m’interessa ora stabilire la storicità dell’episodio, spesso discussa (21): anche se Tucidide si fosse fatto ingannare da una diceria, è un fatto che gli antichi avevano creduto alle sue parole. Fra gli studiosi che ritengono la strage un evento storico, pochi pensano che la krypteia sia stata davvero impiegata nell’azione: i più, a ragione, oggi lo negano (22). Non v’è dubbio, però, che secondo Plutarco i giovani della krypteia siano stati gli esecutori della strage. I paragrafi 5-6 sono strettamente legati: il caso narrato da Tucidide è un esempio (“come per l’appunto anche Tucidide”: ὥσπερ καὶ Θουκυδίδης) della pratica illustrata subito prima in termini generali (23). Possiamo benissimo ammettere che questa sia una spiegazione erronea dell’evento ricordato da Tucidide. Si è spesso sostenuto che qui Plutarco compia un “educated guess” (CARTLEDGE, 1979, p. 247): a mio avviso, però, già ‘Aristotele’ aveva stabilito un rapporto fra la krypteia e l’episodio narrrato da Tucidide. L’intera descrizione ‘aristotelica’ risente del racconto tucidideo, e non solo in Plutarco, ma anche in Eraclide! In Plutarco i partecipanti alla krypteia non uccidono solo a caso, degli iloti che incontrano per strada, ma talora vanno addirittura a cercare con scelta consapevole “addentrandosi nei campi i più robusti e migliori tra loro”: questi iloti eccellenti ricordano le vittime della strage che, nella versione plutarchea del racconto tucidideo, gli Spartani selezionano per il loro valore (28,7) (24). Nell’estratto di ‘Aristotele’ offerto da Eraclide si fa cenno all’esigenza di uccidere un certo numero di iloti (ἀναιροῦσι τῶν εἱλώτων ὅσους ἂν ἐπιτήδειον ᾖ). In questo caso è l’esigenza di uccidere un determinato numero di iloti a ricordare il complotto di cui parla Tucidide (25). Si tratta di due diversi ‘residui’ della presentazione di ‘Aristotele’, che aveva già inteso l’episodio narrato da Tucidide come un’azione della krypteia e in questa luce aveva interpretato e descritto la krypteia.

Tucidide non spiega come vennero eliminati questi iloti, anzi nota che nessuno aveva idea di come il fatto fosse avvenuto. Si capisce ancor meglio la genesi dell’ipotesi aristotelica, leggendo la stessa vicenda in Diodoro (XII 67,3-4): “essendosi registrati in duemila, ordinarono ai più forti di ucciderli ciascuno nella sua casa” (26). Insomma: si poteva cercare di risolvere l’enigma lasciato da Tucidide, ipotizzando che fossero stati mandati i migliori a uccidere gli iloti casa per casa. ‘Aristotele’, che conosceva la krypteia come un’istituzione in cui persone scelte per la loro qualità e consegnate alla segretezza uccidevano iloti, ha pensato che i duemila iloti assassinati “non si sa come” di cui parla Tucidide fossero stati uccisi dai kryptoi, che erano andati a cercarli addentrandosi nei campi. Da qui deriva anche la sua opinione, conservata da Eraclide, che talora si uccidessero “quanti iloti è necessario”. Non siamo obbligati a seguire l’‘Aristotele’ della Lakedaimonion Politeia e Plutarco.

I tratti polizieschi dell’istituto descritto da ‘Aristotele’ sono prodotti dall’ingiustificato, anche se non illogico, collegamento con l’episodio narrato da Tucidide. Si può concludere, con Ducat (2006, p. 321-322), che l’interpretazione moderna più diffusa della krypteia come attività repressiva e poliziesca volta a eliminare pos- sibili ribelli sia infondata. La krypteia, anche quella nota ad ‘Aristotele’,non è una semplice pratica repressiva.

Gli studi moderni

L’immagine della krypteia risalente ad ‘Aristotele’ è in palese contrasto con l’effigie classicamente composta del miracolo greco e sembra palesare la faccia più brutale dell’ingiustizia della condizione servile. Gli ammiratori di Sparta e del miracolo greco, e in generale i filelleni, erano portati a ridimensionare o negare “la caccia agli iloti”. Il primo grande studioso di Sparta, J.C.F. Manso (1800, p. 141-153), già reagiva alle loro attenuazioni (27). Egli guardava con uguale attenzione a tutti gli strati della popolazione della Laconia, e i suoi timori per la storia contemporanea lo portavano a simpatizzare per gli iloti, un tempo liberi cittadini d’un libero stato, e poi sottomessi. Dichiarò il proprio orrore e tentò di dimostrare la storicità della krypteia come caccia agli iloti. H. Wallon cercò una via mediana fra le rosee illusioni di molti e l’appassionata condanna di Manso e pose con notevole correttezza filologica i termini del problema, ma giunse a una singolare conclusione, che la krypteia fosse una misura di sicurezza contro il pericolo ilota promossa da un popolo in stato d’assedio, una legge di “terrore e sangue, ma … duramente logica” (WALLON, 1850, p. 18) che serviva a sanzionare una ferreo coprifuoco (“Défense aux hilotes de sortir de leurs habitations pendant la nuit, sous peine de mort”: WALLON, 1850, p. 15). Nell’Ottocento si faticò ad accettare alla lettera la notizia plutarchea e si privilegiò l’aspetto educativo-militare della krypteia. Non tutte le posizioni scientifiche erano frutto di opzioni ideologicamente o culturalmente connotate. Lo si sospetterà forse per K.O. Müller, il creatore del mito dorico, che pur dando per possibili occasionali episodi di estrema violenza come quello narrato da Tucidide, credeva inconcepibile che si scatenasse ogni anno una sanguinosa guerra totale in Laconia, con gli Iloti pronti a difendersi per via della dichiarazione di guerra. A suo avviso il vero scopo della krypteia era stato quello descritto da Platone (28). Quando G. Grote (1846, p. 498-501), che rimarcava la “bravery and energy” degli iloti e l’atrocità del massacro ricordato da Tucidide (“combinations of cunning and atrocity which even yet stand without parallel in the long list of precautions for fortifying unjust dominion”), scriveva “it is impossible to believe in any standing murderous order, or deliberate annual assassinations of Helots, for the purpose of intimidation”, non era mosso tanto dal suo classicismo, né certo da ammirazione per Sparta, quanto da buon senso: esitava a credere che una società potesse essersi mantenuta per secoli in equilibrio in uno scontro di tale brutalità. Plutarco (non ‘Aristotele’!) avrebbe esagerato occasionali episodi d’impunita violenza, trasformando operazioni di polizia segreta in un fenomeno costante e “with express design”. Alcune osservazioni di quanti tendevano a edulcorare l’immagine della krypteia paiono ancora oggi interessanti. Koechly (1835, p. 583), rifacendosi a Müller e in polemica con Manso, si chiedeva per esempio come fosse possibile conciliare lo stato di guerra permanente derivato dalla dichiarazione degli efori con la partecipazione degli iloti all’attività militare spartana.

Nel Novecento si è invece seguita di norma la traccia plutarchea, e il tema dell’uccisione degli iloti, con interpretazioni iniziatiche e/o poliziesche. Già M.P. Nilsson (1912, p. 138; OEHLER, 1922, p. 2031), sottolineando il gusto per l’inganno e l’importanza che gli si poteva conferire nella formazione dei giovani, conciliava attività poliziesca e pratica educativa, due poli incompatibili nella ricerca precedente, e in ultimo derivati rispettivamente alla testimonianza di Platone e di Aristotele. Un contributo di Henri Jeanmaire sulla krypteia, pubblicato nel 1913 dall’autore non ancora trentenne, apriva la via alle ricerche sulle iniziazioni giovanili nel mondo greco, poi continuate dallo stesso Jeanmaire in Kouroi et kourètes (1939) (29). Ovviamente, Jeanmaire non ignorava le differenze fra i due rami della tradizione (“les textes relatifs à la cryptie, offrent cette particularité que, pris isolément, chacun suggérerait de l’institution une idée différente”, Jeanmaire 1939: 550-551).Il confronto con le pratiche dei popoli d’Africa, Asia e Australia gli permetteva però di ricondurre le due descrizioni classiche della krypteia a un’unica esperienza iniziatica, vissuta alla vigilia dell’ingresso del mondo adulto (1913, o come iniziazione a una confraternita segreta: 1939) e conservatasi a Sparta in diretta continuità con un antico passato pre-politico. Le costrizioni pesanti ricordate da Platone e dallo scolio richiamano le “formes de retraite avec probations rituelles et interdits qui précedent ou accompagnent des pratiques d’initiation”, l’uccisione degli iloti le pratiche di numerose società militari, nelle quali per entrare nel mondo degli adulti occorre versare del sangue, e darne prova con trofei, come nel caso dei cacciatori di teste (30). Decisivi per il successo di questa prospettiva furono Paides e parthenoi di A. Brelich e le ricerche di P. Vidal-Naquet sullo “Chasseur Noir”. Brelich (1969, p.155-7) accettava le origini remote e il carattere selettivo della pratica iniziatica, destinata a formare una gerarchia dei migliori. Sull’impianto di Jeanmaire, Vidal-Naquet introdusse il concetto di “inversione”: i kryptoi sarebbero efebi obbligati a pratiche che – secondo un modello ben documentato in questo tipo di ritualità iniziatiche – invertono in primo luogo in rapporto al tempo e allo spazio le regole del mondo in cui devono essere introdotti, quello del vivere cittadino e del combattimento oplitico (31).

M. Finley, con i concetti di razionalizzazione e re-istitituzionalizzazione, collegò in una formula molto efficace i due temi “iniziazione” e “polizia”, già uniti da Jeanmaire: un antico rito di passaggio, dotato di drammatica violenza, viene trasformato in una pratica di polizia. La tesi che riconosce nella krypteia un antico rito di passaggio convertito in una pratica terroristico-poliziesca è probabilmente oggi la più diffusa (32).

Non fu solo l’accostamento alle pratiche dei primitivi a rendere più ammissibile la brutalità repressiva della descrizione plutarchea della krypteia. Ad analogo risultato hanno contribuito altri fattori: la storiografia della seconda metà del Novecento si è spesso fatta carico di demistificare ogni visione idealizzata del mondo greco; inoltre una parte cospicua della ricerca antichistica, nello stesso periodo, ha coniugato la propria attività scientifica con il rifiuto dei sistemi di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, o con un’ispirazione politica democratica e/o socialista. Non c’è dubbio che l’esperienza dei totalitarismi moderni, con le loro politiche repressive e di sterminio, ha reso meno inconcepibile la ‘caccia all’ilota’. L’identificazione fra Sparta e la Germania nazista, proposta dagli stessi nazisti, chiude qui un cerchio perfetto (33).

Un ripensamento critico della krypteia è necessario anche da un punto di vista filologico: la levigata coerenza della formula iniziazione + rifunzionalizzazione = iniziazione e repressione poliziesca richiede una verifica. In una breve ma lucida pagina del 1994, M. Whitby ha fatto notare le discrepanze fra i pochi dati disponibili sulla krypteia e il modello delle iniziazioni primitive, e ha invitato alla cautela (34). Soprattutto va ricordato un contributo di E. Lévy, che nel 1988, ha messo in luce l’irriducibilità del quadro offerto da Platone rispetto a quello suggerito da ‘Aristotele’. Secondo Lévy le fonti descriverebbero due usi esistiti contemporaneamente: Platone e lo scoliasta alle Leggi farebbero riferimento a un test preliminare, cui probabilmente parteciperebbero solo alcuni membri di una classe d’età; ‘Aristotele’ ricorderebbe invece l’attività dei migliori selezionati con questo primo test (35). La soluzione di Lévy non ha trovato grande seguito (v. però KENNELL, 1995, p. 131-132), ma il problema da lui sollevato ha assunto poi un ruolo importante nella discussione.

Jean Ducat ha dedicato alla krypteia numerosi contributi, che trovano una sistemazione nella monografia sull’educazione spartana. Lo studioso muove da un’accettazione critica del modello proposto da Jeanmaire, Brelich e Vidal-Naquet. Egli fa notare come i kryptoi appartengano a una classe di età già ‘oplitica’, tanto che al principio di inversione egli affianca quello di regressione (i giovani adotterebbero comportamenti che li riportano ai momenti più ‘selvatici’ della loro precedente educazione). Ducat ha giustamente inserito la krypteia fra le pratiche del disprezzo degli iloti e nel continuo processo di selezione dell’élite cittadina, che investe ogni classe di età; inoltre ha negato decisamente la funzione poliziesca dell’istituto (36). Si è misurato con il problema posto da Lévy, ed è rimasto dell’avviso che esista una sola krypteia. A suo avviso, nulla può spiegare storicamente una riforma della krypteia “tra il 350 e il 330”, ossia tra l’epoca cui possono risalire le informazioni di Platone (ma cf. sotto) e la data di probabile stesura della Lakedaimonion Politeia aristotelica. La differenza fra le descrizioni esistenti sarebbe in sostanza dovuta opposti bias nei confronti di Sparta e delle sue leggi. Secondo Ducat, ‘Aristotele’ avrebbe criticato Licurgo ed espresso riserve anche in riferimento alla krypteia (ma sappiamo invece che la Lakedaimonion Politeia elogiava Licurgo: fr. 534 ROSE ap. PLUT. Lyc. 31) (37). Fra quanti tacciono delle uccisioni, alcuni, come Platone, potevano essere ignari dell’uso, ma altri – come le fonti post-classiche da cui avrebbe attinto lo sco- lio – dovevano sapere, ed erano semplicemente più favorevoli a Licurgo e a Sparta. La tradizione però risaliva forse ad epoca più antica, perché era già in Platone (38).

Negli studi più recenti entra frequentemente in gioco la diacronia – spesso proprio per spiegare la diversità di informazioni fra Platone e ‘Aristotele’. In particolare si fa riferimento alla rivolta del terremoto del 464 o alla rinascita di Messene nel 369. Come s’è visto, già Plutarco, convinto che Licurgo, con il suo carattere giusto e mansueto, non potesse aver istituito una pratica tanto nefanda (Lyc. 28,12-13), propose che la krypteia fosse nata dopo la rivolta del terremoto: in ogni caso la sua è solo una colta ipotesi apologetica, priva di fondamento in memorie o tradizioni precedenti. A differenza di Plutarco, i moderni pensano a una trasformazione, e non alla nascita della krypteia. Secondo L. Thommen la krypteia avrebbe assunto la forma nota a Plutarco a seguito della rivolta del terremoto (39). Analoghe le conclusioni di N. Birgalias: l’esigenza di riconoscere delle tappe nella storia della krypteia nasce però, più che dall’analisi dei testi, da un’idealizzante opposizione fra istituto educativo e assassinio degli iloti. La krypteia avrebbe conosciuto un percorso di decadenza, trasformandosi da arcaica prova pedagogica in omicida pratica repressiva nel clima che segue la rivolta del terremoto (40). Come ha osservato però S. Link (2006, p. 38-39), è difficilmente concepibile che Platone abbia potuto conoscere un uso scomparso ormai da circa un secolo.

Per alcuni la diacronia determina lo sviluppo della tradizione. K.-W. Welwei (2004, p. 36 e p. 44-46) fa valere un argomento tradizionale degli scettici, l’irrazionalità di un sistema che elimina forza-lavoro contro l’interesse dei singoli proprietari, il cui status di cittadini dipendeva dagli iloti. Welwei pone in dubbio le notizie sulla loro uccisione nell’ambito della krypteia, e cerca perfino di dimostrare che esse non provengano da ‘Aristotele’, ma da altra fonte (41). Poiché non vi sono notizie simili prima della rinascita della Messenia, Welwei le ritiene dicerie nate nel clima di condanna dell’ilotismo prodottosi in seguito a essa.

Welwei mette perciò in rapporto la tradizione sulla krypteia, che sarebbe in buona parte inattendibile, con la rinascita della Messenia nel 369. J. Christien – che non sottolinea la differenza fra Platone e Plutarco – pensa che la krypteia sia stata istituita dopo la battaglia di Leuttra (371 a.C.) e abbia sostituito il sistema degli hippeîs, il selezionato corpo di opliti montati che costituivano la guardia dei basileis. Pur ritenendo che la krypteia sia stata una pratica di tipo terroristico-poliziesco desti- nata a spegnere le “velleità di indipendenza”, si domanda anche se la krypteia non abbia avuto per teatro la Messenia (“qui doit rester pour les Spartiates pays des hilotes longtemps”) (42). Più recentemente la studiosa ha ribadito la sua tesi, accentuando il nesso con l’indipendenza messenica: i kryptoi sarebbero stati una sorta di special force inviata in Messenia a rendere impossibile la vita degli abitanti del nuovo stato. Christien condivide anche l’idea di V. Azoulay (2006), che l’Archidamo di Isocrate – che esorta gli Spartani, liberatisi di donne e bambini, a trasformarsi in un esercito permanente – descriva di fatto la krypteia. Christien concepisce la krypteia come un’attività non di tipo iniziatico, ma prevalentemente militare (43). Su questa stessa linea si pone l’intervento recente di Couvenhes (2014), che valorizza le testimonianze non spartane sui kryptoi,e ritiene la krypteiaun’istituzione militare, e non iniziatica, nata probabilmente dopo la liberazione della Messenia, e destinata a sorvegliare la frontiera fra Laconia e la Messenia stessa (44).

S. Link crede invece che la krypteia si sia evoluta dopo Leuttra dalla forma nota a Platone a quella descritta da ‘Aristotele’. Sparta avrebbe riformato la krypteia per introdurre una forma istituzionalizzata di terrore, nell’intenzione di tenere schiacciati gli iloti di Laconia dopo la liberazione della Messenia (45).

A differenza di Ducat, io non credo che il silenzio di Platone e dello scolio sulle uccisioni degli iloti dipenda da carenza di informazioni o da una tendenza filo-spartana. Come Link, penso che le differenze tra la descrizione della krypteia in Platone e ‘Aristotele’ riflettano due diversi usi, da spiegare con una riforma della krypteia, messa in atto – per ragioni diverse da quelle da lui ipotizzate – qualche tempo dopo la rinascita di Messenia, con molta approssimazione fra il 360 ca. e il 330-20, data presumibile della stesura della Lakedaimonion Politeia aristotelica. Platone ha conosciuto la forma più antica della krypteia grazie a informazioni diffuse oralmente, e magari non più aggiornatissime, o forse attingendo a una descrizione scritta delle usanze spartane, p.es. da Crizia. Lo scolio non dipende in ultimo necessariamente dalla stessa fonte: si può pensare anche a Eforo (46).

Messene, la dichiarazione di guerra agli iloti e la nuova krypteia

È naturale che le due krypteiai avessero molto in comune. Analoghi dovevano essere metodi e criteri di selezione, età dei selezionati e spirito del test: i giovani dovevano dimostrare il loro valore stando fuori città, affrontando le difficoltà della vita all’aperto e tenendosi nascosti. Dopo la rinascita della Messenia gli Spartani trasformarono però il lungo periodo di resistenza a una vita disagiata in una breve spedizione di caccia agli iloti. È logico ammettere – Giustino lo suggerisce – che i giovani della krypteia platonica si mantenessero cacciando: i quadri concettuali della cultura greca rendevano agevole, e non scandaloso, il passaggio dalla ‘vecchia’ krypteia alla caccia all’ilota (47).

Per chiarire il contesto storico-culturale in cui matura la riforma della krypteia
è necessario richiamare due dati:

– per gli Spartani i Messeni erano rimasti iloti, anche dopo aver ottenuto l’autonomia;

– gli Spartani si rifiutarono – di conseguenza – di riconoscere con trattati e giuramenti la legittimità della rinata comunità dei Messeni.

Il corpo civico della Messene rifondata nel 369 doveva essere di origine composita. Ne avranno fatto parte perieci, iloti, e gente ora arrivata o anche – ma forse solo in modesta misura – ‘tornata’ in Messenia. Le opinioni sulle origini dei Messeni erano invece assai nette e polarizzate. Come ricorda N. Luraghi, “definire l’identità messenica era decisivo per la questione della legittimità della nuova comunità politica”. Il punto di vista legittimista, dei Messeni stessi e dei Tebani, vuole che Messene rinasca con il gran rientro dei Messeni cacciati da secoli dalla loro terra. Gli Spartani – il cui punto di vista è espresso dall’Archidamo di Isocrate (specialmente § 28, 86-87, 96) – negano invece ogni legittimità alla nuova comunità al di là del Taigeto: i Messeni sono solo ex-iloti, la fondazione di Messene è un ingiustificato atto sovversivo (48).

L’Archidamo di Isocrate indicava agli Spartani come obiettivo supremo della loro esistenza la riconquista della Messenia. Sparta perseguì l’obiettivo con pervicacia, a costo del completo isolamento politico. Sparta rifiutò di giurare una pace che garantisse l’esistenza di Messene, o addirittura insieme ai Messeni nel 366 e nel 362, e la fermissima volontà di riconquistare la Messenia è manifestata anche durante e oltre l’epoca di Filippo (49).

Si consideri in questo contesto l’annuale dichiarazione di guerra agli iloti, che Plutarco ricorda proprio in relazione alla krypteia (Lyc. 28,7 = ARIST. fr. 538 ROSE): “Aristotele dice anche che gli efori, appena entrano in carica, dichiarano guerra agli iloti, perché non sia sacrilego ucciderli”. La maggior parte degli studiosi ritengono che la dichiarazione di guerrasia una pratica molto antica, ‘connaturata’ al rapporto fra Spartani e iloti; uno strumento pratico per permettere azioni di straordinaria durezza e un atto simbolico, volto a legittimare e confermare – per oppressori e oppressi – la subordinazione e l’irrimediabile alterità degli iloti (50). Secondo Link, in particolare, essa mirava a creare le arcaiche condizioni di diritto che obbligavano gli iloti a versare il prodotto agricolo agli Spartani. P. Cartledge la dichiara “priva di paralleli”, e ritiene che essa fosse rivolta soprattutto contro gli iloti di Messenia (51). Pochi studiosi ritengono che la pratica della dichiarazione di guerra sia recente.

Secondo M. Whitby la dichiarazione “potrebbe essere stata introdotta solo negli anni Sessanta del V sec.” e avrebbe assunto un nuovo significato dopo la liberazione della Messenia. J. Christien pensa che sia stata istituita insieme alla krypteia nel IV sec. per legittimare le operazioni di guerriglia terroristica in territorio messenico.

N. Birgalias esprime qualche dubbio sulla storicità della dichiarazione di guerra, ma ritiene che semmai era rivolta ai Messeni, e non agli iloti, e che può solo essere stata introdotta dopo la perdita della Messenia. Una sua notazione coglie il punto essenziale: “Or nous savons que Sparte n’a jamais cessé, même jusqu’à l’époque romaine, de revendiquer son ‘patrimoine’; alors la déclaration de guerre faisait rappeler que ‘cette terre’ leur appartient et qu’il était de leur devoir de la reconquérir”. Birgalias però nega che vi sia un rapporto stretto fra la dichiarazione di guerra e la krypteia (52). Io credo che la dichiarazione di guerra agli iloti sia stata introdotta solo dopo la rinascita di Messene, insieme o poco prima della riforma della krypteia. Gli Spartani non facevano la pace con i Messeni, perché i Messeni erano iloti. Gli Spartani erano in guerra con i Messeni, ossia – nella loro ottica – contro gli iloti. La dichiarazione annuale di guerra era un atto solenne, ripetuto e al tempo stesso straordinario, perché non sottoposto a regolare discussione o ad approvazione pubblica e sanciva come ovvia e indispensabile la guerra contro gli iloti che si dichiaravano Messeni e alimentava l’ostilità permanente contro di essi (53).

Gli Spartani non si limitavano però a sognare la riconquista e a progettare spedizioni militari oltre il Taigeto. Con la krypteia, senza operare una distinzione etnica che essi negavano, praticavano la guerra contro gli iloti che avevano a disposizione, in una forma casuale e selettiva, e sommamente esemplare, quasi come un surrogato di quegli attacchi alla Messenia che non potevano condurre. Bastavano poche vittime a confermare la subordinazione degli iloti e l’obbligo della comunità a combattere contro di essi – cioè contro i Messeni (54). Al limite si può anche pensare che la krypteia non sia stata messa in pratica tutti gli anni nella sua forma violenta, e comunque certamente non fu praticata per secoli (55), cosa che a molti pare non solo orribile, ma anche poco ‘sostenibile’, per i danni economici che si sarebbero prodotti e per il pericolo posto alla pace civile. Si potrebbe anzi arguire che in questa forma, nella Sparta in profondissima crisi del IV sec., la krypteia costituiva un non premeditato fattore di stabilità sociale. L’odio e il disprezzo per gli ultimi ‘tenevano insieme’ una comunità che si era fortemente articolata in ordini economicamente e socialmente distinti, in grave contrasto con la propria ideologia egualitaria.

Affidando l’azione a dei giovani uomini, proprio nel punto d’intersezione delle generazioni, gli Spartani volevano consegnare la guerra ai Messeni come compito ai giovani a venire. Facendo della selezione stessa una sorta di riconoscimento dell’eccellenza individuale si accentuava questo effetto, che era naturalmente ingigantito dalla pubblica approvazione per chi compiva con successo il proprio dovere. Obbedendo a una logica spietata e al loro tradizionale smodato senso di superiorità, gli Spartani uccisero forse per decenni i propri servi, in modo brutale e patologicamente autolesionistico. È consolante sapere che non siano mai più riusciti a mettere le mani sulle terre oltre il Taigeto.

Notas

Versione rivista e aggiornata di Krypteiai spartane, in: A. Beltrán, I. Sastre, M. Valdés (dir.), Los espacios de la esclavitud y la dependencia en la Antigüedad, Homenaje a Domingo Plácido, Actas del XXXV Coloquio GIREA, Madrid 2015. Presses Universitaires de Franche-Comté 2012, p. 201-229. Sono molto grato a Fabio Cerqueira e a Maria Aparecida de Oliveira Silva per l’invito a contribuire a questa raccolta.

1 CARTLEDGE, 1985; Id. 1991; Id. 2003, p. 20-23; LINK, 2000; ROSE 2012, p. 298-307.

2 Per la traduzione del passo DUCAT, 1990, p. 145, 153 n. 25.

3 Roobaert 1977; TALBERT, 1989; DUCAT, 1990, p. 145-153; WHITBY, 1994; LURAgUI, 2004.

4 Principali contributi sulla krypteia: KÖCHLY, 1835; WALLON, 1850; GIRARD, 1898; Id. 1900; Jeanmaire 1913; Id. 1939, 550-554; MICHELL, 1952, p. 162-164; VIDAL-NAQUET, 1968 (1983, p. 161-164); OLIVA, 1971, p. 45-48; VIDAL-NAQUET, 1974 (1983, p. 200-205); Id. 1986 (1988, p. 279 s., 293); CARTLEDGE, 1987, p. 30-32, 158, 204; LÉVY, 1988; DAVID, 1993, p. 407-411; WHITBY, 1994, p. 104-106; CHRISTIEN-TREGARO, 1997; DUCAT, 1997a; Id. 1997b; MEIER, 1998, p. 155-170, 208-216; BIRGALIAS, 1999, p. 97-126; WELWEI, 2004; HANDY, 2005; CHRISTIEN, 2006; DUCAT, 2006, p. 281-331; LINK, 2006; DUCAT, 2009; ROSS, 2012; COUVENHES, 2014; TRUNDLE, 2016.

5 DUCAT, 1997a, p. 16-19 ha esaminato presunte allusioni alla krypteia e all’uccisione degli iloti in fonti di V sec.: THUC.. IV 80,3-4 (su cui v. sotto), EUR. fr. 1126 KANNICHT, Androm. 450, Crit. fr. 37 D.–K. Non vi èprova che nel V secolo fosse nota la caccia agli iloti.

6 THESLEFF, 1982, NAILS-THESLEFF, 2003, Erler 2007, 278-279

7 Il termine γυμνός allude qui alla mancanza d’armi? Per Vidal-Naquet 1968 (1983, p. 162) e 1974 (1983, p. 201), il giovane è privo dell’armamento oplitico, e al massimo armato alla leggera; cf. anche HANDY, 2005, p. 105 sg.; e prudentemente lInK, 2006, p. 35, n. 6. Considera con favore la possibilità LÉVY, 1988, p. 250 (cf. DUCAT, 2006, p. 291), che sottolinea il senso militare di ἀπολύω, ma l’idea di congedo e liberazione implicita nel verbo (cf. anche ἠφίετο) può anche riferirsi alla severa vita in comune attribuita ai neoi a Sparta (PLUT. Lyc. 15,7-8 – corrisponda questo quadro o no al vero: cf. DUCAT, 2006, p. 103-104 e lUPI, 2000, p. 52, 75-76), all’obbligo di partecipare al sissizio, e alla proibizione di allontanarsi dalla città – durante l’età militare gli Spartani erano a disposizione della mobilitazione (DUCAT, 2006, p. 105-106). Così è anche possibile, con DUCAT, 2006, p. 290, 292, 308, riconoscere in γυμνός la sintesi estrema delle privazioni che secondo Platone caratterizzano la krypteia, che implicano anche la mancanza di armi.

8 Cf. III 3,6 s.: “(Licurgo) comandò che i giovani, raggiunta la pubertà, fossero condotti non nel foro, ma in campagna, perché trascorressero i primi anni non nel lusso, bensì nel lavoro e nelle fatiche. § 7.Stabilì che si sdraiassero per dormire sulla nuda terra, si nutrissero senza ricche vivande preparate e non tornassero in città se non dopo divenuti uomini”.

9 Cf. LÉVY, 1988, p. 251; BIRGALIAS, 1999, p. 75; DUCAT, 2006, p. 295.

10 I neoi (PLUT. Lyc. 28,3), a Sparta detti forse hebontes: DUCAT, 2006, p. 103, 296 (cf. 101-112); per l’età dei neoi v. DREYER, 2004; per il loro rapporto con gli efebi in relazione al ginnasio KENNELL, 2012.

11 Cf. DUCAT, 2006, p. 295. Il passo può essere inteso come una generalizzazione di ciò che scrive Platone: il riferi- mento alla caccia in xXIII 1, 9, comunque, non è in Platone, e potrebbe suggerire una più ampia tradizione parallela; lo scolio ha però una formulazione generica, che mette in primo piano i furti, comprensibilmente taciuti in Giustino.

12 Per Giustino si fa il nome di Timeo: LOMBARDO, 1989, p. 253; CATALDI, 1992, p. 66; MELE, 1995. Gli scholia a questa porzione delle Leggi contengono informazioni antiquarie sui sissizi (633a, p. 305 GREENE) e sulle diverse kartereseis (633b, p. 306-307). Si suppone che queste notizie risalgano a un commento di Proclo, cf. DUCAT, 2006, p. 289-290. Secondo PARADISO, 2007, p. 269 n. 38 lo scolio a ta syssitia (633a) potrebbe rimontare, al di là di Proclo, a Sosibio (FGRHIST 595 F 8), e che lo stesso possa valere per gli altri; DUCAT, 2006, p. 293 pensa a una Lakedaimonion Politeia.

13 La traduzione si basa sul testo testo tràdito εἰς τὴν χώραν ἄλλως ἐξέπεμπον, difeso da LÉVY, 1988, p. 247 n. 10. Ziegler integra <ἅλλοτ’>ἄλλως: “überall aufs Land hinaus” (ZIEGLER, 1954), “chi da una parte chi dall›altra” (MANFREDINI & PICCIRILLI, 1980).

14 PLUT. Lyc. 23, 2. Lo stesso dubbio emerge in Comp. Lyc. et Num. 23.10.

15 κρύπτονται dei manoscritti è considerato con sospetto: ma cf. LÉVY, 1988, p. 247 n. 13.

16 Questo nell’ipotesi che l’opera non sia cronologicamente molto distante dall’Athenaion Politeia, per la quale v. RHODES, 1981, p. 51-3. A una data un po’ più alta si deve forse risalire se si ammette, con lUPI, 2012, p. 74-76, che Politica V conosca già almeno il materiale preparatorio della Costituzione.

17 Su διὰχρόνου WHITBY, 1994, p. 105; BIRGALIAS, 1999, p. 100. DUCAT, 2006, p. 297, ammette che l’espressione potrebbe suggerire intervalli irregolari, ma si pronuncia per una cadenza annuale sulla base dello scolio a Platone. Pace, OLIVA, 1971, p. 47 n. 3, in Plutarco διὰχρόνου fa per lo più riferimento a un indeterminato intervallo di tempo, con qualche enfasi sulla durata (Cic. 39,6; Mor. 144a; 452f-453a; 518f; 578d; 727b; 765a; 829e; 830c; 959c), talora prevedibile (Mor. 831e): in qualche caso sembra però riferibile anche a ripetizioni, come qui (Mor. 520a; 771a), solo di rado di ritmo regolare (Mor. 769a).

18 LINK, 2006, p. 35 s. evidenzia un’ampia serie di elementi contrapposti, non sempre del tutto certi o convincenti: armati / non armati (v. sopra); i più abili / tutti; secondo il caso / regolarmente (ma “von Fall zu Fall” forza il senso di διὰ χρόνου); provvista di cibo / furto; soli / in gruppo. DUCAT, si obbliga invece ad una soluzione univoca di queste contraddizioni, dato che univoco è, come vedremo, il suo quadro ricostruttivo. Talora lo studioso riesce abilmente a ridurre a unità elementi solo in apparenza contraddittori (come la questione del carattere individuale o di gruppo dell’esperienza della krypteia: 301 sg.), ma certe aporie finiscono con l’essere risolte in nome della verosimiglianza in un senso o nell’altro, in una maniera tutto sommato forzata (p.es.: “duration”, 297 sg.; “food”, 300).

19 Su alcune testimonianze di rilevanza dubbia, o comunque marginale [un passo di Platone sugli agoranomoi (Leg. VI 763b), un frammento di papiro (BM nr. 187), uno scolio alle Thesmophoriazousai (600)] v. DUCAT, 1997a, p. 21-38, in breve DUCAT, 2006, p. 309-317, COUVENHES, 2014, p. 54-57, 64-70. Da un cenno in Plutarco, derivato dalle Storie di Filarco (Cleom., 28,4 = FGRH 81 F 59), risulta che esisteva un ufficiale «responsabile della krypteia», cui Cleomene III alla vigilia della battaglia di Sellasia (222/1 a.C.) affida compiti d’esplorazione e guardia alle spalle delle proprie linee, compiti non impensabili per i giovani uomini che vagano per i monti (scolio a Platone) o a caccia di iloti (‘Aristotele’). Poco chiaro è il rapporto tra la krypteia spartana e altre istituzioni analoghe (DUCAT, 1997a, p. 19-38, DUCAT, 2006, p. 309-317, e soprattutto ora COUVENHES, 2014, p. 49-58 soprattutto per i kryptoi ateniesi e le fonti su di essi,che però troppo fida in questi casi per ricostruire l’istituzione spartana).

20 DUCAT, 1990, p. 24; Id. 1997b, p. 51 s., 70 s.; Id. 2006, p. 287 s., 321. In ultimo il problema risale a una lucida pagina di WALLON, 1850, p. 23.

21 Difendono la storicità dell’episodio CARTLEDGE, 2003, p. 20-23 e HARVEY, 2004, ne ridimensiona fortemente i termini PARADISO, 2004 (v. poi TRITLE, 2010, p. 93): in tutti si troverà abbondante bibliografia.

22 I nomi di studiosi che stabiliscono il legame con la krypteia sono citati da lInK, 2006, p. 37 n. 13 e HARVEY, 2004, p. 211 n. 41. Lo negano tra gli altri DUCAT, 1974, p. 1460, MEIER, 1998, p. 155 s., PARADISO, 2004, p. 183, LINK, 2006, p. 36 sg., ed è incline a farlo lo stesso HARVEY, 2004, p. 206.

23 HARVEY, 2004, p. 321. A torto alcuni negano che Plutarco abbia voluto mettere in rapporto l’azione spartana narrata da Tucidide con la krypteia (PARADISO, 2004, p. 183; LINK, 2006, p. 36).

24 DUCAT, 2006, p. 286, 306, 321 ascrive la spiegazione a Plutarco. WHITBY, 1994, p. 105 n. 98, scrive: “at least as recounted in Plutarch, the passage is influenced, if not distorted, by the Thucydidean story of the 2,000 helots, which is quoted to illustrate the assertion about killing the strongest helots” e in nota aggiunge “it is, of course, possible that the Aristotelian account was also influenced by Thucydides’ story”; poi però ammette che almeno in certe circostanze la krypteia possa aver svolto funzioni poliziesche (106). Già Wallon 1850, p. 15 aveva acutamente avvertito il rapporto fra la descrizione di Aristotele e la narrazione tucididea. La sola conclusione plausibile è che la citazione di Tucidide fosse già in ‘Aristotele’ (pace ROSE, che la esclude dal fr. 538, e DUCAT, 2006, p. 287, che ne approva la scelta). Per relazione fra “addentrandosi nei campi i più robusti e migliori tra loro” (τοὺς ῥωμαλεωτάτους καὶ κρατίστους αὐτῶν ἀνῄρουν) e il passo tucidideo v. p.es. già LÉVY, 1988, p. 250.

25 Ducat aveva da principio messo in relazione questa notazione quantitativa con l’interpretazione ‘casuale’ dell’uccisione degli iloti (1997b, p. 51); giudizio poco persuasivo, forse non a caso eliminato in DUCAT, 2006, p. 287. Non persuade di più Link, 2006, 35 n. 4 (che intende eliminare la contraddizione individuata da Ducat) quando sostiene che i kryptoi scegliessero di propria iniziativa di uccidere i più forti (τοὺς ῥωμαλεωτάτουςκτλ.), in modo da ricavarne maggiore prestigio.

26 La traduzione di LÉVY, 1988, p. 247 e 250 “dans leur fermes” (dove dovevano trovarsi gli iloti durante la notte), pare azzardata a dUCAT, 2006, p. 288. In effetti Plutarco accenna solo ai campi attraversati per cercare gli iloti con intenzioni ostili. Paradiso, 2004, p. 181 s., giustamente riconduce a Eforo l’informazione diodorea, e sottolinea il carattere razionale di questa rilettura dell’episodio tucidideo, non convince però l’interpretazione di κρατίστοις in DIOD. XII 67,4 (“i cittadini più importanti”).

27 Scrive MANSO, 1800, p. 146 nota t: “Perché poi la caccia agli iloti ci sembra così incredibile? Quegli usi dei tempi antichi che ci sconcertano, li riscopriamo nei moderni. Anche gli Americani sono stati braccati con i cani dagli Spartani cristiani, pure gli schiavi neri fuggitivi vengono ancora oggi inseguiti e uccisi come belve da preda, a non dire le altre brutalità che li colpiscono, che son peggiori d’una triplice morte”. Suo esplicito bersaglio polemico è l’autore del Voyage du jeune Anacharsis (BARTHÉLEMY, 1788, p. 541-545, cf. p. 196 s.), secondo il quale l’autentica krypteia licurghea è quella descritta da Platone; solo dopo la sua morte, e con il declino delle buone leggi di Licurgo, i giovani spartani, durante le loro esercitazioni in campagna, avrebbero iniziato a uccidere più frequentemente quegli iloti che, benché informati, scendevano in strada e opponevano troppa resistenza; la dichiarazione di guerra sarebbe stata introdotta allora per legalizzare queste ‘occasionali’ uccisioni, poi diventate anche più frequenti.

28 Müller valorizzava fra l’altro abilmente la menzione dei kryptoi in Leg. 763b. Fra quanti si rifanno a Müller, WACHSMUTH, 1844, p. I 462, che è spesso ricordato per un fuggevole accenno alla somiglianza con i peripoloi ate- niesi, fa derivare la krypteia dalle antiche guerre con gli Achei, e propone un grottesco parallelo con il passaggio dal sacrificio umano alla flagellazione rituale. Già i seguaci di Müller (KOECHLY, 1835, p. 582) notano l’irrazionalità dell’azione: perché uccidere coloro da cui dipende la propria sussistenza economica? Questa linea, che privilegia Platone e gli aspetti educativo-militari della krypteia su Plutarco (e ‘Aristotele’), è rappresentata in Francia da P. Girard (1898; 1890; cf. ANDURAND, 2006, p. 185-187) – e prosegue fino in: MARROU, 1948, p. 51 (cf. PARADISO, 2004b, p. 92 s.). Un filone importante della ricerca ottocentesca, peraltro, privilegiò l’aspetto ‘poliziesco’ della krypteia (GILBERT, 1881, p. 54; BUSOLT, 1893, p. 527 s. che definisce la krypteia “un servizio di polizia segreta”, e protestava contro Müller e Girard e i loro tentativi di “ingentilire”la krypteia, v. BUSOLT – SWOBODA, 1926, p. 670 n. 1). In questo caso, però, era difficile combinare la valenza educativa con quella di repressione e controllo.

29 Nello stesso anno, in una recensione a NILSSON, 1912, anche DECKER, 1913, p. 309-310 impiegava il concetto di iniziazione in riferimento alla krypteia.

30 Rispettivamente JEANMARIE, 1913, p. 137-146, e Id. 1939, p. 554, da cui si cita; Id. 1913, p. 147-150.

31 I contributi sono citati alla nota 4. I kryptoì sono così, in genere, ritenuti efebi: v. p.es. CARTLEDGE, 1989, p. 31-32; Id. 2001, p. 77-78; DAVID, 1993, p. 410.

32 FINLEY, 1968, p. 147. JEANMARIE, 1913, p. 150; anche secondo VIDAL-NAQUET, 1974 (1983, p. 201) è impossibile separare la krypteia dalla concreta funzione, elaborata a partire dalla conquista della Messenia, di mantenere un controllo poliziesco di fronte alle rivolte endemiche della popolazione asservita di Messenia e Laconia. Per il carattere terroristico-poliziesco della krypteia v. ora Trundle 2016.

33 Frequente è il confronto fra la krypteia e la Gestapo: HANSON, 1999, p. 80; PATTERSON, 2003, p. 306. V. PARADISO, 2004a, p. 180 per i paralleli proposti dai moderni per il massacro degli iloti ricordato da Tucidide.

34 WHITBY, 1994, p. 105-106. Il paradigma interpretativo suggerito da JEANMARIE e VIDAL-NAQUET, viene utilizzato in modo personale, ma con esiti francamente discutibili, da MEIER, 1998, p. 155-170, 208-216. La krypteia sarebbe in origine un’istituzione educativa propria dell’élite di Sparta, volta alla creazione di una confraternita segreta di aristocratici.

35 LEVY, 1988, p. 252 nega in conclusione che per diventare cittadini si dovesse uccidere un ilota.

36 Gli interventi principali sono DUCAT, 1974, p. 1460; DUCAT, 1990, p. 108 s., 123 s.; DUCAT, 1997a; Id. 1997b; DUCAT, 2006, p. 281-331; DUCAT, 2009. Per i processi di selezione e regressione DUCAT, 2006, p. 308-309 e passim. Recentemente si è visto che l’esperienza dei neoi, ormai ben integrati nella struttura civica, presenta tratti complessi: memorie efebiche che evocano talora la precedentecondizione di marginalità e i riti di passaggio, forme di combattimento ‘oplitiche’ e non oplitiche (MA, 2008, p. 190-192).

37 Dopo Leuttra, nelle Politeiai si doveva spesso ammirare Licurgo più di Sparta, che doveva la sua grande fortuna alle leggi di Licurgo, ma era decaduta per essersene allontanata: cf. ARIST. Pol. VII 1333b12–26, DIOD. VII 12,8, PLUT. Lyc. 29,10. WICKERSHAM, 1994, p. 119-50, CATALDI, 1996; NAFISSI, 2018.

38 Diverso bias nei confronti di Sparta: DUCAT, 2006, p. 308 cf. 288, 293, 305-306. L’opinione di Ducat sul rapporto fra la tradizione contenuta nello scolio e il filosofo è cauta: Platone è semplicemente all’oscuro dei fatti, o dipende da essa? (DUCAT, 2006, p. 284, 293, 305-306).

39 THOMMEN, 1996, p. 128; Flower 2002, p. 206. Già Kopstadt 1849, p. 53-54 aveva cercato di ovviare così alla divergenza fra Platone e ‘Aristotele’.

40 BIRGALIAS, 1999, p. 115-117. Birgalias non cita il saggio di Lévy, non sottolinea le differenze fra la testimonianza di Plutarco e Platone, e a torto attribuisce già a Plutarco la nozione di una riforma della krypteia (103 e 110), cf. DUCAT, 2006, p. 305. Platone conoscerebbe, ma tacerebbe delle uccisioni degli iloti, in parte perché a suo avviso non costituivano un aspetto essenziale dell’istituzione, in parte ancora perché non corrispondevano al suo disegno (102, 114 s.); contemporaneamente (114) Birgalias valorizza però il silenzio delle fonti di V sec. sull’uccisione degli iloti; le fonti di tardo IV menzionerebbero le uccisioni riflettendo “il passato più prossimo di questi autori” (ibid.), ma sostiene anche che dopo la perdita della Messenia la krypteia come mezzo di eliminazione degli iloti non avrebbe più ragion d’essere (116).

41 WELWEI, 2004, p. 36-38 si basa sul fatto che Eraclide nel II sec. scriva che “ancora oggi” la krypteia uccide degli iloti. La spiegazione ovvia è che Eraclide, dopo aver ricordato la remota creazione della krypteia da parte di Licurgo, si sente obbligato a ripetere l’ “ancora oggi” di ‘Aristotele’.

42 CHRISTIEN-TREGARO, 1997, p. 70-72; la citazione da pagina 72. La convinzione che la conquista della Messeniasia stata decisiva per lo sviluppo dei suoi tratti più violenti è già di VIDAL-NAQUET, 1974 (1983, p. 201); che il teatro principale della krypteia possa essere stato la Messenia è suggerito anche da CARTLEDGE, 1987, p. 31; Id. 2001, p. 88. Anche DUCAT, 1990, p. 109 non escludeva che la krypteia potesse svolgersi in Messenia, ma DUCAT, 2006, p. 298 la situa in Laconia. Sugli hippeis FIGUEIRA, 2006.

43 CHRISTIEN, 2006, p. 175-177. Secondo HANDY, 2005, i kryptoì, dei giovani uomini già attivi nell’esercito, e destinati a diventare hippeîs nel caso di un servizio svolto positivamente, presidierebbero armati alla leggera le montagne fra Messenia e Arcadia, per impedire la fuga di iloti messeni. Occasionalmente sarebbero stati uccisi degli iloti, ma il sistematico ricorso all’assassinio sarebbe l’esito di una visione ostile, che animerebbe anche ‘Aristotele’. Di fatto Handy elude la questione della differenza fra le due serie di testimonianze. ROSS, 2011, la cui tesi principale è ben riassunta dal titolo, “Krypteia: A Form of Ancient Guerrilla Warfare”, ignora sostanzialmente il problema posto dai due rami della tradizione.

44 COUVENHES, 2014. Couvenhes tiene in poco conto la differenza tra Platone e ‘Aristotele’.

45 LINK, 2006, p. 39-41 mette inoltre a ragione in rilievo che Senofonte non senta il bisogno di giustificare Licurgo dall’aver creato la krypteia e che Tucidide in iV 80,3-4 non vi faccia riferimento.

46 Ducat giustamente osserva che il silenzio dello scolio non è dovuto solo a una passiva eco della testimonianza platonica (2006, p. 293). Egli affronta con un po’ di rigidità i termini della questione cronologica e sopravvaluta l’aggiornamento delle informazioni disponibili a Platone (cf. sopra); non è scontato che un cambiamento di un’istituzione spartana avvenuta “dopo Leuttra” – specie se questo non significa “subito dopo” (305), dovesse essere noto alle Leggi, sulla cui composizione v. nota 6. Ducat sostiene anche che ‘Aristotele’ non avrebbe potuto attribuire a Licurgo la krypteia, se nella sua forma attuale essa fosse stata istituita da poco tempo (304). È però probabile che gli informatori spartani di ‘Aristotele’ fossero meno sensibili alle trasformazioni della krypteia che alla sua continuità (cf. sotto), e che dunque abbiano comunque fatto riferimento a Licurgo come creatore dell’istituto. Spero che le pagine che seguono dimostrino che gli Spartani potevano avere anche altri motivi per iniziare la caccia all’ilota, oltre al bisogno di intensificare la repressione (DUCAT, 2006, p. 306-307).

47 Specie se quest’ultima era sentita una sorta di guerra: cf. sotto. Su caccia e guerra, tema noto e ben esplorato, anche sul versante figurativo, v. DAVID, 1993 e in generale BARRINGER, 2001, p. 10-69.

48 LURAGUI, 2008, p. 219-230 (cf. DISPERSIA, 1974). La citazione è da LURAGUI, 2008, p. 219. Per il punto di vista legittimista: DIOD. XV 66,6, PLUT. Pel. 24,5; Ages. 34,1, e soprattutto PAUS. IV 26,5, e l’epigramma sulla statua di Epaminonda a Tebe PAUS. IX 15,6, purtroppo di data incerta.

49 La progettata pace del 367 prevedeva il riconoscimento dell’indipendenza della Messenia (Xen. Hell. VII 1,36). Nel 365, come riferisce Senofonte, gli Spartani non fecero pace con Tebe, rinunciando ai loro ultimi alleati peloponnesiaci perché “non avrebbero mai sopportato di essere privati della Messenia, che avevano ereditato dai loro padri” (Hell. VII 4,9). Gli Spartani si tennero fuori – soli fra i Greci – dalla pace del 362 a.C., che fu giurata anche dai Messeni, a causa di quella che Diodoro XV 89,2 chiama “irriconciliabile ostilità” e continuarono ad essere in stato di guerra contro i Messeni (PLUT. Ages. 35,3-4). Nel 351 Demostene dichiara che il prospettato attacco a Megalopoli, per il quale gli Spartani chiedono il sostegno, e la loro richiesta di restituzione di territori, è solo la premessa per una riconquista di Messene (XVI 8-10, 16-17, 20). Nel 346 Filippo invitò gli Spartani a rinunciare alla Messenia, e diede il suo sostegno ai Messeni contro Sparta (ISOCR. Phil. 74; DEM. VI 9, 13, 15). Nel 338 Filippo invase la Laconia e assegnò alle Messenia ampie porzioni della periecia sottratta a Sparta (LURAGUI, 2008, p. 16-18). Non sappiamo se Sparta fu costretta dopo la rivolta di Agide iII e la sua morte nella battaglia di Megalopoli nel 331 a entrare nella lega di Corinto, e dunque a riconoscere Messene (CARTLEDGE e SPAWFORTH, 1989, p. 25; JEHNE, 1994, p. 240). Sparta non prese parte alla guerra Lamiaca, nella quale Messene combatté con i ribelli (Diod. XVIII 11,2; PAUS. I 25,4; IV 28,3).

50 CARTLEDGE, 1987, p. 171 e DUCAT, 1974; DUCAT, 1990, p. 108, 119, 181-182; DUCAT, 2006, p. 322-323; VERNANT, 1989, p. 200-201.

51 LINK, 2000, p. 55-57; Id. 2004, p. 2-4; cf. FIGUEIRA, 2003, p. 222. CARTLEDGE, 1985, p. 148; Id. 2001, p. 88.

52 WHITBY, 1994, p. 106. Anche THOMMEN, 1996, p. 128 considera krypteiae dichiarazione di guerra due effetti della rivolta del 464 a.C. CHRISTIEN, 2006, p. 176. BIRGALIAS, 1999, p. 113-114; BIRGALIAS, 2002, p. 256.

53 ‘Aristotele’ e Plutarco si sarebbero espressi diversamente, se vittime della krypteia fosseo stati cittadini di un’al- tra polis – quantunque considerati iloti dagli Spartani – a meno che ‘Aristotele’ non fosse totalmente succube dell’ideologia spartana.

54 Gli Spartani canalizzavano contro gli iloti di Laconia l’istinto bellicoso della propria neotes, che desiderava mostrarsi all’altezza dei propri antenati. Sull’aggressività di questa classe di età v. van BREMEN, 2013; per una diversa valutazione della krypteia come sfogo di potenziale violenza DUCAT, 2006, p. 326.

55 Sulla fine della krypteia DUCAT, 2006, p. 307.

Por que Lula é diferente de Bolsonaro

Em quem votar em 2022